Sono vent’anni che Gaetano Scirea ci ha lasciati. [...] Gaetano Scirea aveva 36 anni, un vestito blu e una camicia bianca di lino: la moglie Mariella lo ricorderà sempre così. Uomo e campione inimitabile, Scirea era intelligente, generoso, corretto. Mai un’espulsione in 16 anni di carriera pur ricoprendo il ruolo, oggi scomparso, di libero. Elegante, testa alta, lo paragonavano a Beckenbauer, ma lui era unico. Per classe, senso della posizione, carisma. E aveva un dono raro. Lui, difensore, lui ultimo uomo, appena capiva che poteva salire, si avviava silenzioso e sornione in attacco senza farsene accorgene, puntando direttamente a rete o scambiando con i compagni. [...] “Racconterò sempre ai miei figli chi era e quello che ha rappresentato per il calcio - ha detto Alessandro Del Piero -, perché mi piacerebbe che oggi i bambini mi vedessero come io vedevo lui allora”. “Era serenità, chiarezza e pulizia”, gli ha fatto eco Dino Zoff. Due tra le tante voci di chi ha amato, nei suoi tempi e con i suoi modi, il grande Scirea.
Se andate su internet, su quei misteriosi quanto affascinanti luoghi di comunicazione virtuale di oggi che sono i blog, capaci di attraversare il mondo in un istante con la velocità di un pensiero e la forza di un’opinione, di ricordi così ne troverete tanti. Tantissimi. Perché vent’anni non bastano. Perché i ricordi, almeno alcuni, non muoiono. Per questo alla voce Scirea leggerete termini come “bandiera”, “eroe”, “mito”, ma soprattutto “destino”.
Un destino crudele se lo portò via. Con quel rogo, quell’enorme fiammata. Quasi a cercare di eliminare ogni traccia di un “qualcosa” troppo grande, troppo difficile da cancellare. Un’anima. Quell’anima che Gaetano Scirea è stato per la famiglia, per la Juve, per il calcio di allora. Fosse ancora qui, Gaetano, forte della sua morale, dei suoi principi, della sua pulizia interiore, del suo mirabile esempio, sarebbe la luce ideale per accendere il grigiore di questo calcio arrogante, sfrontato, urlato a vanvera, lui che era il re dei silenzi.
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