martedì 24 maggio 2011

CIAO LUCIANO!!!

L'ho purtroppo saputo solo oggi. Il 21 maggio ci ha lasciati lo scrittore LUCIANO COMIDA. Luciano aveva commentato alcuni miei post e io seguivo il suo blog nuovo ringhio di idefix - luciano comida. Io non lo conoscevo personalmente ma da quello che scriveva penso fosse davvero una di quelle persone uniche, di quelle persone con cui ti saresti volentieri seduto ad un tavolino con una bella birra fresca a parlare di tutto, libri, cinema, politica ben consci del suo pensiero attento, pungente e spesso divertente. Luciano era uno scrittore (sopratutto di libri per ragazzi). Luciano era una BELLA persona. Luciano era una persona felice della vita. Luciano era amato (e il mio abbraccio spero raggiunga la compagna Tatjana e la figlia e al suo adorato cane Idefix).
Luciano mi mancherà.

Vi lascio solo il pensiero che Luciano scrisse il 4 febbraio quando annunciò sul blog la notizia della sua malattia:
"La vita è preziosa, bisogna assaporarla giorno per giorno e minuto per minuto, essere in due dà più forza, bisogna porsi obiettivi minimi e raggiungibili (gustarsi la cena di stasera, parlare con un'amica o un amico, comprare i quotidiani, prendere la pillola antalgica, versare il caffè nella tazza, stendersi immobili per mezz'ora per fare la risonanza...) in modo da affrontare un pezzo alla volta e non farsi sopraffare dagli eventi, l'amore dato e ricevuto in questi anni fa parte di noi e ci irrobustisce, il sistema sanitario pubblico sa essere bellissimo, bisogna ringraziare con sincerità chi ti assiste, mia moglie Tatjana è una donna solida e una compagna meravigliosa, ho amiche e amici che mi allargano il cuore, piangere dal dolore fisico senza vergognarsi può essere utile (ma è meglio quando la terapia contro il dolore viene trovata), scrivere un diario aiuta, leggere illumina le notti insonni, sapere è meglio che brancolare nel buio, si può ridere anche nelle difficoltà. E tante altre cose ancora." (Luciano Comida)

E infine vi lascio il suo "autoritratto"
Nato a Trieste il 3 aprile 1954, ho la maturità classica.
Ho stupidamente lasciato l’università (lettere moderne) circa a metà.
Così, io che non possiedo nè auto nè patente e tantomeno mi interesso di motori, lavoro allo sportello informazioni della Motorizzazione Civile di Trieste.
Con la mia prima moglie Daniela, ho una figlia di nome Francesca, la cui età cresce ogni volta che io metto mano a questa nota biografica: ora ne ha venticinque.
Mi sono risposato con Tatjana, che fa la giornalista.
Mi muovo in autobus (ogni mattina per andare al lavoro impiego 50 minuti che trascorro leggendo beatamente) o in treno oppure con l’auto di mia moglie (che, lei sì, guida).
Fin da piccolo mi appassionava inventare storie e poi tentare di trascriverle.
Ho cominciato a scrivere per ragazzi nel’96, del tutto per caso. Ed ho scoperto che mi piace molto.
Sono un lettore onnivoro: Philip Dick e Hugo Pratt, Seneca e Clive Barker, Simenon e John Fowles, Beppe Fenoglio e Primo Levi, Andrea Pazienza e Philip Roth, Casanova e Alberto Ongaro, Chesterton e la Dickinson, Ariosto e E. C. Tubb, Clive Lewis e Pirandello, Du Gard e D’ Arrigo, Edgar Rice Burroughs e Neil Gaiman, John Irving e Raymond Carver, Bertolucci e Julio Cortazar, Pinter e Manzoni, Altan e Ovidio, Vivian Lamarque e Maugham, Roberto Bolano e Yehoshua, Charles Schultz e Flaiano, Popper e Cioran, Umberto Eco e Hoffmann, Graham Greene e Vikram Chandra, Mario Vargas Llosa e Dashiel Hammett, Leonardo Sciascia e Andrew Crumey, lord Byron e Lemony Snicket, Mauro Covacich e Javier Marìas, Amos Oz e Quarantotti Gambini, Gene Wolfe e Haruki Murakami, Wisława Szymborska e Ippolito Nievo sono alcuni dei miei scrittori preferiti.
Amo Winnie Pooh e i fumetti: da Corto Maltese a Carl Barks, Sandman e Cybersix, Bone e i primi anni di Dylan Dog, Asterix e Preacher, Calvin & Hobbes e Ken Parker, Craig Thompson, Alan Moore e Will Eisner.
E il rock? Da Buddy Holly a Del Shannon a Neil Young ai Kinks ai Traffic a Bruce Springsteen a Bob Dylan a Jimi Hendrix a Lucio Battisti a Tom Verlaine ai Green on Red ai Beach Boys a Shawn Philips ai Nirvana a Roy Orbison a Janis Joplin a John Fogerty agli Zombies agli Who a Otis Redding ai Clash a Ben Harper agli Allman Brothers a Ligabue a Sam Cooke ai Creedence Clearwater Revival ai Ramones a Fred Buscaglione ai Wilco a Davide Van De Sfroos a Vecchioni ai Love agli Psychedelic Furs: quante emozioni ho ricevuto da tutti loro.
E il jazz? John Coltrane e Keith Jarrett? Billie Holliday e Duke Ellington? Miles Davis e Coleman Hawkins?
E la musica classica? Mozart e Giovanni Sollima, Smetana e Giuseppe Verdi?
E il cinema? John Ford e De Palma, Nanni Moretti e Stanlio e Ollio, Wilder e Hawks, Dino Risi e Kubrick, Carpenter e John Cassavetes, Blake Edwards e Welles, Mario Bava, David Lynch e Kurosawa, Fritz Lang e via così.
E il cibo?
E il Torino Calcio?
E gli amici?
Insomma, io sono un goloso della vita. E questa gioia vorrei cercare di trasmetterla a chi legge le mie cose.
Detesto con tutte le mie forze invece quelli che (siano scrittori o registi, cantanti o attori, disegnatori o chissà chi altro) iniettano nel loro pubblico sfiducia pessimismo sconforto nichilismo odio cupaggine rassegnazione disgusto tedio prepotenza.
Credo che facciano del male a chi si imbatte nelle loro opere, e soprattutto se il loro pubblico è costituito da bambini o da adolescenti o da giovani. E trovo assurdo che ci si trincei dietro una presunta extraterritorialità etica dell’intellettuale. Quasi che le parole e le immagini e i suoni non toccassero sul serio le persone che leggono, guardano e ascoltano.
Io credo che con i libri, i film, le musiche si possa fare molto bene, ma anche molto male. E che la gran parte degli intellettuali agisca male.
Dentro di me, coccolo un’ ingenua utopia. Eccola: per cinquanta anni, tutti gli scrittori disegnatori registi attori musicisti cantanti e creativi in genere trasmettono con le loro opere una visione positiva del mondo e dell’essere umano. Non esaltando più la volgarità e la sopraffazione, il cinismo e la mercificazione dell’altro, la violenza e la stupidità.
Senza predicare, senza realizzare opere didascaliche e stomachevolmente finte, senza salire in cattedra, senza moralismi, ma con un forte senso etico, con un saldo senso della responsabilità individuale e collettiva.
Senza nascondere che il dolore, la sofferenza, il male, la paura, la debolezza, l’angoscia, il tormento esistono. Ma utilizzando strumenti come l’ironia e l’autoironia, il dubbio ed il mettersi nei panni dell’altro, l’autocritica e l’autostima, la fiducia reciproca e l’allegria, l’amore sempre rispettoso dell’altro, la solidarietà e la speranza...privilegiando questi valori proporre un mondo migliore.
Ecco, io sono profondamente convinto che se davvero i mass media agissero così e gli intellettuali tutti aderissero con creativo entusiasmo a questo compito...dopo cinquant’anni potremmo vedere alcuni risultati.
Come canta Ligabue: tu chiamami scemo, ma io almeno credo.

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